domenica, gennaio 29, 2006

Interno di famiglia

Siamo atterrati non voglio neppure pensare con quale sicurezza, nevica sulla strada che mi riporta a casa. Guarda che fiocchi enormi nella luce dei fari, fanno rumore cadendo perchè sono gelati. Sul ghiaccio non si frena, si rallenta, devo starci attenta. Ho una famiglia, io. Una donna che aspetta ed è il meglio di me, di cosa ho saputo fare; ed un figlio che è il mio sangue, le mie cellule ed è quello che io e lei abbiamo capito, imparato, è le battaglie con noi stesse e gli altri e il mondo. L world sono le fiabe di Natale, la vita siamo noi e tutte le altre.
Mi bruciano gli occhi, gli occhiali mi stringono il naso. Sono stanca e ho un freddo da cani, ma finalmente torno a casa. Il piccolo a quest'ora dorme, sicuramente nel lettone; lei forse legge o per non disturbarlo ha spento la luce e rimane al buio, pensando alle sue cose. Almeno potessi correre, mancano pochi chilometri fra me e loro.
E poi finalmente ci siamo, parcheggio fuori l'auto casomai li dovessi svegliare. Neanche il piede a terra già ce l'ho gelato con queste scarpe leggere, ma chi se l'aspettava al ritorno un tempo del genere e comunque questa è la mia divisa di bordo. Mi sento addosso un odore d'inverno, di strada, del fumo dell'aerea riservata ai fumatori. Salgo lentamente le scale, apro piano la porta, mi sfilo le scarpe, strusciano la gonna e le calze, non sono neppure dentro dalla porta che mi sento chiamare mamma - ma cosa era che mi svegliava nella notte prima lui iniziasse a piangere e cosa è ora che sveglia lui? - arriva stroppicciandosi gli occhi, stringendo il suo orso, secondo me dorme ancora ma io sono il polo nord e lui l'ago della bussola. Un attimo dopo mi sento chiamare tesoro...ce l'hai fatta! Li stringo: sono la mia vita, la mia ansia, la mia forza, il mio bene, il senso delle cose e qualche volta la voglia di scappare, forse non è un caso che il mio mestiere sia viaggiare. Ed io per loro.

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