giovedì, gennaio 05, 2006

Musica!


“Dai facciamo le prove, poi vieni. Hai una bellissima voce, forte, intensa, non capisco perché non la vuoi far sentire? Per altro sai anche ben interpretare, dai su.” Così cominciò. “Non è che non la voglio far sentire, è che non mi piace farmi notare. Lo sai. “ “Lo so lo so, ma questo non è farsi notare: questo è divertirsi facendo una cosa che piace e dividerla con gli altri. Questo ti piace, secondo me tu invece hai paura di vincere.” E vincere bastò a persuadermi. La guardai; io pratico la più solitaria e individualista delle attività: quella di scrivere. Noi dividiamo con gli altri solo se qualcuno ha la bontà e la voglia di leggerci, di prenderci in mano quando siamo un libro. Lei proprio la più socievole: quella della musica e del canto. Comunque, infine ho accettato. Mi sono ritrovata vicino ad un pianoforte nero sul palco di una sala in penombra, tutte di donne le spettatrici. Lei che mi conosce benissimo, stava per scoppiare a ridere, ma invece cominciò a suonare, non disse nulla. Ho voluto il leggio con gli spartiti e i testi anche se non mi serve leggere la musica: la copertina di Linus, volevo in verità. Con gli occhi gliel’ho indicato, cantando ha sorriso. Ho atteso il mio tempo di quella prima canzone in italiano, dal movimento antico e malinconico; poi non so cosa abbiano trafficato con il mixer e sebbene ci fosse solo il pianoforte, alla seconda ho sentito basso, batteria, sax è esplosa una musica mista di jazz e di blues. Abbiamo cantato in inglese, ed è esplosa anche la mia di voce, per quegli stili che sono la musica dell’anima. Abbiamo cantato sempre guardandoci negli occhi, alla fine ho persino ballato sul palco, mi sono tolta la giacca e non fosse stato indecente mi sarei persino tolta gonna e il resto per quanto stavo sudando. Finita la nostra esibizione, io avrei voluto già andarmene via ed anche lei ma ci sono sempre persone da salutare, qualcuno che ti cerca per i complimenti ed è giusto così. Finalmente ce l’abbiamo fatta, la musica fatta insieme aveva già sortito il suo effetto: se n’era accorta tutta la sala e secondo me ad un certo punto ci stava pure marciando a trattenerci. Neppure fuori dal locale, dopo aver suonato nei miei occhi, lei suonò nella mia bocca ed io presi la sua lingua, archetto di una musica che per noi stava diventando da un po’ quella ignorata di un supermercato mentre fai la spesa e sei concentrato a far ritornare il bilancio, non come una cosa nuova ma addirittura inaspettata. Come tutto era inaspettato quella sera. L’avevo già sentita suonare e cantare migliaia di volte a casa e nei locali, ma mai le ero vicino e soprattutto ho cantato insieme a lei se non brevemente e per gioco, intonando vecchie canzoni di inizio secolo. A casa lei era nella tavernetta ed io nel mio studio, ogni tanto sentivo sbattere una porta e me la vedevo apparire sulla porta con il caffè in mano per entrambe. Nei locali di solito sedevo al tavolo più distante con altre amiche e mi alzavo pochi secondi prima che finisse per ordinarle un’acqua tonica. E siccome non abbiamo più età da cose in auto o forse troppo amore per le comodità, siamo corse a casa. E della musica di quella sera abbiamo fatto gesti come ormai non si poteva né si voleva più rimandare. Aprimmo la porta della nostra casa, la lasciammo al buio rischiarato solo dalle luci della notte e sul divano la strinsi interamente con un’urgenza dimenticata che era la novità eccitante e la perizia sapiente dell’amore. L’esatto peso, l’esatto calore, gli esatti colori, le esatte parole, l’esatta emozione che rievoco quando devo scrivere una scena di intimità, l’esatta emozione che mi è servita a scivolare dalla nota più bassa a quella più alta quando sul piano ha improvvisato una variante nell’esecuzione di un pezzo, quella sera. Mi spingo contro il suo ventre. Le sue dita e non altre per una strada solo conosciuta, non scontata, dove stasera ci ha suonato un vagabondo per sorprenderci entrambe. I suoi capelli neri mi accarezzano dappertutto, conosco anche quelli come loro sanno dove cadono e cosa procurano. Le mie mani tengono, sorreggono, aspettano, scompaiono, cedono il posto. Stringo lei e il corpo dell’emozione perfetta che gli sopravviverà nel tempo. Stringo in me la sua lingua, che scivola come in una coppa, il suo viso sudato e bello, le sue spalle che reggono il nostro peso. Io ti amo e mille onde che si infrangono sull’anima, le sinapsi, le ossa, il sangue, il polmoni sono il segnale che la musica è esplosa nel silenzio, mi si riempiono gli occhi di lacrime, sul mio ventre la sua onda ricarica me, la tirò più su, riconosco il mio sapore, trema, la stringo e le guardo gli occhi neri colmi di pianto. Con un’infinita dolcezza mi chiede perché piangiamo? Perché abbiamo preso paura o siamo felici.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

o mia regina come sai sorprendere..
questa sì che è musica, di alta qualità..

Anonimo ha detto...

Grazie della visita Fiore e dei complimenti. Spero ti piaccia tutto quanto vi leggerai.

ahhaha P.

Anonimo ha detto...

beh cazzo troppo fico... eheheh sempre stato il mio sogno farmenla con una cantante stile billie holiday eheheheh a parte gli scherzi...

bellissimo come sempre ;)))