giovedì, settembre 21, 2006

La Città

La solita stanza. Non fosse per il colore delle tende e dei copriletto, sarebbe uguale alle altre. Chiudo la porta, solito listino prezzi dietro. Graffi di valigie trascinate incuranti sul pavimento. La attraverso per aprire la finestra ed arieggiare: la città, là, in quel resta di luce. La città e il suo rumore incessante. La città e il suo odore oleoso. Accendo una sigaretta e la guardo.
Un colpo della porta; arrivi dalla città là fuori. Posi le chiavi e subito dopo mi sento abbracciare, socchiudo gli occhi: ecco ti ho portata via dalla città che ha sempre da fare ma in realtà non combina mai nulla. Ti sento accarezzarmi il seno fra la giacca e la camicia. Sento il fusto degli occhiali sulla guancia: puoi toglierteli adesso che non hai da guardare il dovere della città. Ti sento armeggiare con te stessa e poi sento alzarmi la gonna e il morbido solletico dei peli del tuo pube sui glutei. Via dalla città e dai suoi ladri il gatto vuole un posto dove raggomitolarsi. Sento le tue mani accarezzarmi i fianchi risvegliando l’antico ricordo di carezze da neonato. Sento la tua mano conchiglia aprirsi un varco e scendere fino al polso e poi stringere: la città insegna a essere predatori e lo chiama successo.
Chi ci vede, se ci vede qualcuno, non vede nulla. Vede solo una donna alla finestra che guarda la città in quel che resta della luce. Stringo il telaio della finestra, sento le tue dita un millimetro da me e me le vengo a prendere. Ballano, scivolano, esitano, si fermano, ripartono, spingono, raspano le tue dita. Accoglimi con la città, sembrano dire. Quando loro si ritraggono io le inseguo: sì, mentre guardo senza una piega sul volto la città nella notte.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho notato in questi tuoi ultimi racconti un riferimento alla città, forse dove vivi. Va bè che quello che scrivi non fa riferimento alla tua vita privata, ma mi piacerebbe sapere se questa volta ho visto giusto.
Filippo

Queen ha detto...

Grazie della visita Filippo. No non c'è alcunchè del luogo dove vivo. Il blog è il mio "parco giochi" in cui scorrazzo con le parole e la fantasia. In alcuni casi con soddisfazione, in altri no come in questo ultimo post. A me pare che questo sia tutto quanto si possa chiedere al blog di una persona qualsiasi come sono io; il lavoro è da tutt'altra parte come la mia vita privata. Troverei impudico, preoccupante e pericoloso se l'approccio e l'uso fossero diversi; e per altro lo so per esperienza. Alla prossima.

Anonimo ha detto...

OK, grazie per la risposta. Comunque sei fortunata ad avere il tuo "parco giochi", così puoi dare libero sfogo alla tua fantasia e alle parole. Chi non lo possiede deve subire la trieste realtà e fare i conti con essa, senza avere nessuno aiuto.
filippo

Anonimo ha detto...

Leggo e sorrido.
Perche'?
Perche' immagino la citta'.
Immagino te.
E le dita che frugano.
Paesaggio surreale, ma per una come me non cosi' impossibile.
Bel racconto.
Breve ed intenso.
Brava.
Saffo68

Anonimo ha detto...

grazie della visita saffo