domenica, aprile 16, 2006

Mia cara amica...

è sempre con enorme piacere che leggo le tue lettere al mattino, quando arrivo in ufficio. E dalla loro brevità oppure dalla lunghezza, da quanto girano le tue parole, da quanto approfondite sono le tue analisi e complessi i tuoi ragionamenti, non solo capisco quanto complicata di diversi gradi e dettagli sia la tua sensibilità e la tua mente, ma deduco il tuo stato d'animo.
In questi giorni esse sono brevi, sintetiche, colme della tua solita gentilezza e attenzione che distingue la tua presenza come amica da un'altra qualsiasi conoscenza per una birra al bar. Spero che quanto prima ci sia possibile rivederci, nel frattempo mi lascio andare alle riflessioni che solo tu sai con tanta energia e determinazione risvegliare in me, ponendomi ad essere nei tuoi riguardi come mai io non sono con nessuno. Quante volte ti ho detto della mia impossibilità ad essere veramente me stesso e spontaneo nelle mie manifestazioni. Una corazza come dici tu ma anche una trappola, che talvolta invece di protegermi appunto mi ingabbia e mi rende solo. Lo so mia cara, ne sono consapevole e lenisco il mio dolore per questo mio limite in questo mio scambio con te.
Oggi innanzi ai problemi, alle emozioni, ai confronti che la mia vita mi pone imprevedibilmente da me - io che sono un vecchio signore, abitudinario e solitario - mi dici non ti girare per nulla. Girati se proprio devi farlo perchè è nel passato e nella pace con esso che l'essere umano trova amore per se stesso e dunque per gli altri, poichè nulla si può dare se prima non si ama se stessi. Non ti girare, perchè non è in questa maniera che ti scalderai il cuore; e non guardare però neppure troppo lontano perchè il vuoto spaventa chiunque, anche un uomo grande e grosso come te, dalle spalle larghe come le tue. Non cercare dietro di te misure di paragone che non sei un mercante a valutare questo è meglio e questo è peggio, meno ancora - mi dici - ti vedo a far l'illusionista di strada con un vecchio trucco sempre di successo. Prendi ancora in mano la tua vita, perchè questo è vivere, ora come avrai già fatto in tutti questi tuoi anni e vivi ora, non pensando sarà quel che sarà, ma credendo che fare bene oggi una cosa renderà migliore quanto farai dopo di essa. Credi mio caro vecchio amico - mi scrivi - che anche per il bene sia come per gli errori i quali si avvinghiano in una spirale dalla quale spesso siamo indeboliti, piegati e soffocati. E se - concludi con quella tua composta tenerazza, preoccupazione di me che ti distingue fra i miei beni - se così non sarà, ci penserai in quel momento, nel frattempo avreai ottenuto di poter dire: non ho rimorsi e non ho rimpianti.
Ti lascio ora, sorridente come sempre quando giungo alla conclusione delle tue lettere, e ti abbraccio con fraterno affetto.

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